ci salutiamo urlando
ci facciamo baccano, rumore
ci facciamo sentire, all'esterno
per non sentire quel sibilo sordo, interno
il suono persistente della nostra disperazione, viva dentro al silenzio, eterno.
appunti
ci salutiamo urlando
ci facciamo baccano, rumore
ci facciamo sentire, all'esterno
per non sentire quel sibilo sordo, interno
il suono persistente della nostra disperazione, viva dentro al silenzio, eterno.
ma forse ho capito, il mio corpo, mai piaciuto, sempre sopportato, io e lui, una convivenza scomoda, deludente, non considerato, si e' offeso: l'infarto ci ha separati definitivamente, lo sapevo che non potevo fidarmi, adesso lo temo, mi tradira' ancora, sara' solo dolore, mi angoscia, da lui potra' salvarmi solo la morte.
La Regina mi avra' comunque
meglio andarle incontro sereno
che farsi prendere scappando
anche perche' non so giocare il suo gioco
non so se voglio morire in laboratorio, seduto davanti all'oscilloscopio, con il saldatore in mano, banale, o con il mio jazzbass addosso. Sicuramente non vorrei morire in ospedale, patetico, torturato dalla morale scientifica. Potessi scegliere, preferirei finisse tutto a tarallucci e vino, rosso, una sera d'autunno, in penombra, mentre ne sgranocchio qualcuno, sorridendo all'amicizia compagna, brillo e sornione.
e si fa sera
e mi ascolto
e sento che ogni buona bellezza possibile e' ormai gia' stata
mi rifugio vulnerabile nella notte che arriva
e da domani
se un domani sara'
mi aspetto solo tutto quello che cadra'
a disegnare la curva di ogni vita
finita